«Coglierò l’attimo della resa»
disse il vento alla collina.
«Sarò flessuosa opposizione al tuo alito»
disse l’albero al vento.
«Annoderò il sospinto alone dell’aria,
alla tenace stretta delle radici nella terra»
disse la collina a entrambi.
«Correrò a perdifiato fino ai gorghi del fiume a valle»
disse il vento al fiume e alla valle.
La valle rispose «sarò lì ad attenderti»
e il fiume con essa.
Arrivò l’uomo con ascia e aratro, con vanga e piccone
con sordido intento di rivalsa e istinto di fondazione
con occhio lubrico e avido di conquiste aurate.
Percosse, divelse, scavò, estirpò, tagliò, bruciò.
Il vento s’involò in cima al monte si raccolse intorno alla vetta,
ne imbiancò il crinale e tacque.
La collina, non più abbarbicata alle radici,
scese rovinando a valle e prosciugò il fiume.
L’uomo consumò l’amaro riso e cambiò contrada.
Exitus, la svolta, la virata degli eventi verso una direzione imprevista. Un rapido riassestarsi della condizione dei personaggi, un mutare del loro controllo sulla propria vita. Secondo un tenace ordine sotteso, si sovrappongono gli intrecci di una trilogia in cui emergono chiaroscuri che si fanno elementi unificatori delle vicende tratteggiate. Ne sono protagonisti uomini grandi e miseri - alle prese con la loro gracilità etica, i loro conflitti interiori, le macerazioni del cuore - le cui storie sono accomunate da un exitus, da un epilogo che diviene anche spiraglio e viatico per un repentino, non annunciato, approdo.